Daft Punk | la musica come metafora del percorso artificiale

D a f t  P u n k

" Geni della musica o artigiani della dance? "

Ciò che è universalmente conosciuto è che è la band elettronica più ascoltata e seguita degli ultimi vent'anni. Krafterkianamente robotici, hanno reso la loro musica al totale servizio dello spettatore annullando le proprie individuali identità e trasformando così la musica in pura funzione. Un oggetto, una cosa, veicolo di un messaggio puro e non contaminato dalla presenza fisica dei creatori che fa divenire l'ascolto dei riff in loop "viaggi" verso non so dove.

L'ascesa della coppia francese sulle classifiche mondiali è pressoché immediata ma il vero successo arriva con la pubblicazione di Homework che fa scalpore sulle note di Around the world che pare aver sonorità provenienti da un'altra galassia. Sulla linea di basso dal sapore di Another one bites the dust si susseguono come inchiodate ad una ruota spaziale le tre parole che descrivono il titolo: "Around the world, around the world".
Il clip video, come la canzone, divengono icone della musica elettronica; la palette di colori caleidoscopici di mummie, ballerine di nuoto sincronizzato, alieni e scheletri si alternano in una disordinata danza intorno e dentro ad un cerchio nero che porta alla memoria un disco in vinile e dove personaggi indossano al capo caschi da moto con attaccate due antenne. Andare: dove?
Forse è una metafora di quanto la musica sia in grado di trasformarsi in un effettivo percorso artificiale, al fine di portare in un'altra dimensione, quella di ciascuno, quella che ostinatamente teniamo nascosta ma che inevitabilmente cede al codice binario di onde sonore digitali come queste.

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